Un caffè a Parigi e un tango a Madrid. Il resto è finzione
di Pierfranco Bruni
di Pierfranco Bruni
Bisogna attraversare la notte per catturare il buio. Sarà sempre così.
C'era una volta una favola. Io e te fermavano il vento sul tocco di un bacio che sconfiggeva le ore nel tempo del nostro essere l'uno nell'altra. Pur nella tempesta del naufragio. Ci siamo amati nella sensualità del nostro possederci.
Cosa è l'amore senza possedersi? Mi hai chiesto in una delle nostre lontananze.
Io e te siamo noi per non esserci mai persi in una immensità folle ma per aver vissuto il nostro amore con il corpo e l'anima. Ma non c'è alcun amore senza l'immenso e la follia.
Forse c'era una volta una favola. Le favole incontrano sempre il tempo!
Viaggiamo vivendo l'attesa e quando è superata nuovi orizzonti sconfinano senza sapere se si tratta realmente di un viaggio o di una vacanza di tempo
Io lo vivo sapendo che oltre il Samsara vive la luce.
La vita è un camminando nel tremore per conquistare la pazienza e vivere di armonie.
Amarsi è amandosi in due sapendosi amanti.
Amandosi non è cercarsi.
È essersi trovati. Amare non è perdonare. È non incontrarsi nel perdono.
Amare non è mai giustificare. È sbagliare insieme fino al punto di non sbagliare più. È raccontarsi strappando le pagine che hanno parole scavate nella nostalgia. Amare insieme è viversi nella distanza del ricordo.
Abbracciarsi per penetrarsi il pensiero. Per viversi dentro con i baci che sono delirio. Amarsi è restare amanti per non uccidersi nel disamore. Infedeli sino a raccogliere il sigillo della fedeltà nello strazio felice di essere amanti, senza alcuna ombra, per darsi insieme la bellezza degli sguardi che hanno la luce della vita.
Non domandarsi altro. Restare amanti è aver deciso di amarsi. Semplicemente.
Ogni risveglio mi riporta le tue labbra. Carne che mordo con i miei denti nel fuoco della prima passione. Ti amo come selvaggio nella tua foresta tigre e so fino a che punto ti è dato appartenermi, mentre la tua danza ha il ritmo dei sufi del deserto.
Io ho il bosco dei lupi sotto una luna cenerentola che non lascia ombre ma solchi sulla tua pelle di amante. Non ti chiederò l'anima e neppure l'eternità, ma sulla brace dei giorni non smetterò di essere un tizzone ardente anche se tu non lo vorrai.
Il nostro amore amante ha smesso di avere orizzonti definiti.
Mordimi il petto per ogni traguardo d'orgasmo sino a consumare il vento che penetrerà la tua vestaglia nella nudità della tua persa memoria.
Se tu sei tigre io sarò lupo e avvolgeremo il canto della terra nel porto della passione per uno sciabordare di onde, che avranno le nostre bocche mai sazie in un amore che porta la bellezza negli occhi.
Ogni respiro trova le tue labbra nel gioco dei desideri e delle lontananze graffiate. Noi siamo amanti! Amanti per volontà o per destino?
È come se mi camminassi tra le isole della mia anima in silenzio con la lentezza del passo che incide solchi e fa vibrare il vento sugli specchi delle nostre coste di roccia e di sabbia.
Verrà un tempo che ci sorprenderà stanchi e ci parlerà come se fosse incanto il viaggio che ci attende. Tutto sarà d'improvviso ma se non dovesse essere così raccoglierò fino all'ultimo mare l'onda che non ho più.
Attraverserò il vento del Samsara…
C'era una volta una favola. Io e te fermavano il vento sul tocco di un bacio che sconfiggeva le ore nel tempo del nostro essere l'uno nell'altra. Pur nella tempesta del naufragio. Ci siamo amati nella sensualità del nostro possederci.
Cosa è l'amore senza possedersi? Mi hai chiesto in una delle nostre lontananze.
Io e te siamo noi per non esserci mai persi in una immensità folle ma per aver vissuto il nostro amore con il corpo e l'anima. Ma non c'è alcun amore senza l'immenso e la follia.
Forse c'era una volta una favola. Le favole incontrano sempre il tempo!
Viaggiamo vivendo l'attesa e quando è superata nuovi orizzonti sconfinano senza sapere se si tratta realmente di un viaggio o di una vacanza di tempo
Io lo vivo sapendo che oltre il Samsara vive la luce.
La vita è un camminando nel tremore per conquistare la pazienza e vivere di armonie.
Amarsi è amandosi in due sapendosi amanti.
Amandosi non è cercarsi.
È essersi trovati. Amare non è perdonare. È non incontrarsi nel perdono.
Amare non è mai giustificare. È sbagliare insieme fino al punto di non sbagliare più. È raccontarsi strappando le pagine che hanno parole scavate nella nostalgia. Amare insieme è viversi nella distanza del ricordo.
Abbracciarsi per penetrarsi il pensiero. Per viversi dentro con i baci che sono delirio. Amarsi è restare amanti per non uccidersi nel disamore. Infedeli sino a raccogliere il sigillo della fedeltà nello strazio felice di essere amanti, senza alcuna ombra, per darsi insieme la bellezza degli sguardi che hanno la luce della vita.
Non domandarsi altro. Restare amanti è aver deciso di amarsi. Semplicemente.
Ogni risveglio mi riporta le tue labbra. Carne che mordo con i miei denti nel fuoco della prima passione. Ti amo come selvaggio nella tua foresta tigre e so fino a che punto ti è dato appartenermi, mentre la tua danza ha il ritmo dei sufi del deserto.
Io ho il bosco dei lupi sotto una luna cenerentola che non lascia ombre ma solchi sulla tua pelle di amante. Non ti chiederò l'anima e neppure l'eternità, ma sulla brace dei giorni non smetterò di essere un tizzone ardente anche se tu non lo vorrai.
Il nostro amore amante ha smesso di avere orizzonti definiti.
Mordimi il petto per ogni traguardo d'orgasmo sino a consumare il vento che penetrerà la tua vestaglia nella nudità della tua persa memoria.
Se tu sei tigre io sarò lupo e avvolgeremo il canto della terra nel porto della passione per uno sciabordare di onde, che avranno le nostre bocche mai sazie in un amore che porta la bellezza negli occhi.
Ogni respiro trova le tue labbra nel gioco dei desideri e delle lontananze graffiate. Noi siamo amanti! Amanti per volontà o per destino?
È come se mi camminassi tra le isole della mia anima in silenzio con la lentezza del passo che incide solchi e fa vibrare il vento sugli specchi delle nostre coste di roccia e di sabbia.
Verrà un tempo che ci sorprenderà stanchi e ci parlerà come se fosse incanto il viaggio che ci attende. Tutto sarà d'improvviso ma se non dovesse essere così raccoglierò fino all'ultimo mare l'onda che non ho più.
Attraverserò il vento del Samsara…
Ci furono le albe e prima le aurore. Poi venne il giorno. Le nostre mani in un intreccio di vento si legarono. Non rimase uno stringersi di vita il nostro incontro. Siamo destino amore mio! Restammo legati ad una brughiera di vento per il tempo necessario di un silenzio. Poi le nostre labbra si cercarono. Imprigionammo la luna in un bacio infinito. Così aspettammo la notte. Per catturare il buio bisogna penetrare la notte.
Ricordi?
Fu una sfida di sguardi e non altro nella notte. Accanto seduti in un bistrot nella Parigi dei battelli. Poi altre sere ancora. Sulle tue labbra rugiada di champagne e gli occhi profondi nel verde invidiato dalle nuvole. Danzammo fino ad ora tarda con le rose di Edhit. Poi venne l'alba e ci sorprese senza indugio ad ascoltare le voci della piazza. Il mio viaggio ricominciò tra le città e i deserti e tu mai ombra ma sempre presenza. Come vento tra i mari spezzati. Fu così.
Un caffè a Parigi e un tango a Madrid. Il nostro incontro divenne una storia.
Ci siamo dette le parole mai raccontate e sempre ascoltate.
Chi di noi due parlò? Recitò?
Io: “Noi fummo Ulisse nel naufragio delle vele e a raccontar storie perdemmo solo tempo e ore nel navigare il Mediterraneo. Itaca non fu più il nostro approdo perché ci perdemmo oltre le Colonne e triste fu il navigare tra le onde, che spinsero gli immortali a comandare il vento.
La terra non la vedemmo se non quando incontrano Tiresia, ma fu troppo tardi nel nostro viaggiare perché la memoria l'avevamo già persa nel giorno in cui Circe entrò nei nostri occhi.
Rimanemmo soli e vecchi senza poter vedere Telemaco, e i suoi figli ci seppellirono tra le ortiche delle tempeste.
Ah come tutto fu vano e chi racconta altre storie non sa che noi avemmo altri destini. Noi fummo Ulisse, ma Omero inventò altri viaggi e altri misteri che nessuno potrà più comprendere.
Sulle sponde dell'anima restammo e il tragico cammino non fu mai fantasia, ma sempre ironica verità che nascondemmo per solo desiderio di dimenticare”.
Tu: “Gerani e rose di Tunisi sotto la pioggia dei miei anni immensi e viaggiati lungo gli spazi del vento, che hanno odori d'Oriente tra le vie delle casbah che portano le stelle come soffitto e i ricordi come sconfitte. A sfidarmi sulle parole ho vinto e ho perso, ma a non cercarle le parole si resta nell'oblio come vacanze nel gioco di assenze che inquietanti mi svegliano. I silenzi delle memorie le voci sono anime inquietanti e ascolto il sorriso di mia madre nel canto piano della sua voce che solca ogni tempo sino al tempo che smarrisce le rughe e le case di sabbia sulle mani di mio padre, che ha sguardi di infinita pazienza.
Garofani e orchidee nel giardino delle belle di giorno che coltivano la pioggia delle primavere per un sonno in più e una notte in meno, e qui ogni recita è teatro di solitudini, mentre so che non ho abitudini ma misteri che corrono tra i fiumi dei paesi sconosciuti che sanno di segreto e mai di dimenticanza. Ho dimenticato le dimenticanze per ricordare tutto quello che ho nei giorni dei nostri destini e per restare viva e voi vivi con me nel viaggio dentro e nel viaggio accanto, come antico paesaggio che solo noi padre madre abitiamo sino ad abitarlo sempre”.
Ricordi?
Fu una sfida di sguardi e non altro nella notte. Accanto seduti in un bistrot nella Parigi dei battelli. Poi altre sere ancora. Sulle tue labbra rugiada di champagne e gli occhi profondi nel verde invidiato dalle nuvole. Danzammo fino ad ora tarda con le rose di Edhit. Poi venne l'alba e ci sorprese senza indugio ad ascoltare le voci della piazza. Il mio viaggio ricominciò tra le città e i deserti e tu mai ombra ma sempre presenza. Come vento tra i mari spezzati. Fu così.
Un caffè a Parigi e un tango a Madrid. Il nostro incontro divenne una storia.
Ci siamo dette le parole mai raccontate e sempre ascoltate.
Chi di noi due parlò? Recitò?
Io: “Noi fummo Ulisse nel naufragio delle vele e a raccontar storie perdemmo solo tempo e ore nel navigare il Mediterraneo. Itaca non fu più il nostro approdo perché ci perdemmo oltre le Colonne e triste fu il navigare tra le onde, che spinsero gli immortali a comandare il vento.
La terra non la vedemmo se non quando incontrano Tiresia, ma fu troppo tardi nel nostro viaggiare perché la memoria l'avevamo già persa nel giorno in cui Circe entrò nei nostri occhi.
Rimanemmo soli e vecchi senza poter vedere Telemaco, e i suoi figli ci seppellirono tra le ortiche delle tempeste.
Ah come tutto fu vano e chi racconta altre storie non sa che noi avemmo altri destini. Noi fummo Ulisse, ma Omero inventò altri viaggi e altri misteri che nessuno potrà più comprendere.
Sulle sponde dell'anima restammo e il tragico cammino non fu mai fantasia, ma sempre ironica verità che nascondemmo per solo desiderio di dimenticare”.
Tu: “Gerani e rose di Tunisi sotto la pioggia dei miei anni immensi e viaggiati lungo gli spazi del vento, che hanno odori d'Oriente tra le vie delle casbah che portano le stelle come soffitto e i ricordi come sconfitte. A sfidarmi sulle parole ho vinto e ho perso, ma a non cercarle le parole si resta nell'oblio come vacanze nel gioco di assenze che inquietanti mi svegliano. I silenzi delle memorie le voci sono anime inquietanti e ascolto il sorriso di mia madre nel canto piano della sua voce che solca ogni tempo sino al tempo che smarrisce le rughe e le case di sabbia sulle mani di mio padre, che ha sguardi di infinita pazienza.
Garofani e orchidee nel giardino delle belle di giorno che coltivano la pioggia delle primavere per un sonno in più e una notte in meno, e qui ogni recita è teatro di solitudini, mentre so che non ho abitudini ma misteri che corrono tra i fiumi dei paesi sconosciuti che sanno di segreto e mai di dimenticanza. Ho dimenticato le dimenticanze per ricordare tutto quello che ho nei giorni dei nostri destini e per restare viva e voi vivi con me nel viaggio dentro e nel viaggio accanto, come antico paesaggio che solo noi padre madre abitiamo sino ad abitarlo sempre”.
Altri racconti che non sono storie o storie che non saranno mai racconti.
Non c’è libro aperto o chiuso in cui i tuoi occhi sono stelle o falce di luna viaggio o ripartenza dopo il ritorno e rosa bianca o margherita rossa, e non ascolto perché ti leggo e a volte non ti leggo, ma ti sfoglio come pagina di giorno che si scorre dietro ogni vento di mistero che ha il deserto nell'anima o il mare nel cuore per come non sei o per come dovresti essere e invece sei e mi vibri di pioggia nel tempo che non ha misericordia, ma semplicemente follia o ripensamento dopo tanto averti pensato o averti sfiorato con le parole stanche o con le voci dell'alba.
Se tu mi prendi per mano io non spegnerò il tacito silenzio nel gioco della memoria inventa nella finzione dell'oblio che recita le maschere dell'attesa nelle attrazioni degli abbandoni.
Non andare via almeno per questa notte che ho smesso l'abito del teatro ed ho indossato il sorriso tuo per ricordarmi del mio sorriso.
Non dimenticare. Se troppo ti amo non troppo pretendo, ma troppo ti darò io per viverti vivendomi, almeno, sino all'imbrunire nel cielo degli orizzonti senza tramonti consumati.
Non amare per amare ama soltanto per amore.
Ci troveremo a Parigi o a Madrid?
Non offrirmi il limite. Gli orizzonti sono già caduti tra i numeri della distrazione.
Io sono Odisseo, e canto le parole di Loto per un viaggio nella trasparenza della morte. Ah, morte indecisa, hai il tempo della virtù, o l'impazienza dell'assurdo. Dimmi, tu che sai: qual è il filo tra la virtù e il virtuale.
Siamo immaginazione, o, semplicemente, finzione?
Non c’è libro aperto o chiuso in cui i tuoi occhi sono stelle o falce di luna viaggio o ripartenza dopo il ritorno e rosa bianca o margherita rossa, e non ascolto perché ti leggo e a volte non ti leggo, ma ti sfoglio come pagina di giorno che si scorre dietro ogni vento di mistero che ha il deserto nell'anima o il mare nel cuore per come non sei o per come dovresti essere e invece sei e mi vibri di pioggia nel tempo che non ha misericordia, ma semplicemente follia o ripensamento dopo tanto averti pensato o averti sfiorato con le parole stanche o con le voci dell'alba.
Se tu mi prendi per mano io non spegnerò il tacito silenzio nel gioco della memoria inventa nella finzione dell'oblio che recita le maschere dell'attesa nelle attrazioni degli abbandoni.
Non andare via almeno per questa notte che ho smesso l'abito del teatro ed ho indossato il sorriso tuo per ricordarmi del mio sorriso.
Non dimenticare. Se troppo ti amo non troppo pretendo, ma troppo ti darò io per viverti vivendomi, almeno, sino all'imbrunire nel cielo degli orizzonti senza tramonti consumati.
Non amare per amare ama soltanto per amore.
Ci troveremo a Parigi o a Madrid?
Non offrirmi il limite. Gli orizzonti sono già caduti tra i numeri della distrazione.
Io sono Odisseo, e canto le parole di Loto per un viaggio nella trasparenza della morte. Ah, morte indecisa, hai il tempo della virtù, o l'impazienza dell'assurdo. Dimmi, tu che sai: qual è il filo tra la virtù e il virtuale.
Siamo immaginazione, o, semplicemente, finzione?
Ho di te l'attenzione che il mistero rivolse al giorno nel naufragio della memoria. Non viaggi distratti o porti di Egitto. La mia mano dentro la tua colse un giorno la pioggia. I miei occhi toccarono il tuo sguardo mentre il mio si era già spento. La nostra nuova vita ha l'azzardo del possibile. Mi fermo per sostenerti. Ma sei tu che reggi il mio cammino. Per dimenticanza mia o per mistero tuo. Tu non conosci l'oblio ed io non conosco la rassegnazione.
Tra il ricordare e il dimenticare la luna è una tigre inesorabile.
Ma tu sei tigre! O finzione?
Perché io ti vivo come farfalla. Se farfalla resti io di te infrangerò il vento. Ti vivo. In silenzio. Per non perdere l'ombra che di te ho. Poi sarà un'altra vita. Vuoi scommettere una sconfitta e una vittoria? Se non avrò risposta non comprenderò. Se risposta avrò tra il tempo di mezzo e la luna spezzata ti cercherò.
Inventa. Una finzione. Un gioco. O una melodia. Non starò ad aspettarti. Ti vivrò nella mia attesa. Tu di me. Dea o morte.
Di morte noi viaggiamo e di vita si vive. Troppo di morte. Indefinibile vita!
Perché stai certa che non conosce stagioni il gioco delle rose nelle notti del mio giardino. Il Dio del Sole ha la luce delle trasparenze e raccoglie in rosso i boccioli che non temono il tempo. Ah se potessi perdere la sfida del reale...
Resterei principe o re nel Palazzo della magia e le favole belle non finirebbero più!
Ti recito alcuni versi. Ascoltali. Sono di Antoni Garcia.
“A prendere le tue labbra con le mie
è mordere l'alba nel suono della notte
trascorsa ad osservare il mare
A prendere le tue labbra con le mie
è mordere l'alba nel suono della notte
trascorsa ad osservare il mare riflesso nella luna.
Ti pare strano?
Ma nulla è così vero della stanza che abitiamo
quando tu ed io ci raccogliamo
nei nostri corpi
a sciabordare di passione nello spazio
che il tempo misura.
Di sorrisi quieti mi arricchisci quando sai contenere
la tua estasi nella danza su di me.
Io mi perdo tra i tuoi papaveri
come se facessi una corsa
sulla riva della tua anima.
Non ti rubo il gioco nello specchio davanti al nostro letto.
Ci osserviamo
e la tua pelle ha la bellezza del vento nel canto antico
del nostro amore.
Divino come il nostro appuntamento.
Il giorno che sale ha le mie mani sul tuo seno
e le tue a toccare le mie parole
ma non temere
perché nulla ci turberà
fino a quando io e te
per sempre saremo semplicemente noi”.
Tra il ricordare e il dimenticare la luna è una tigre inesorabile.
Ma tu sei tigre! O finzione?
Perché io ti vivo come farfalla. Se farfalla resti io di te infrangerò il vento. Ti vivo. In silenzio. Per non perdere l'ombra che di te ho. Poi sarà un'altra vita. Vuoi scommettere una sconfitta e una vittoria? Se non avrò risposta non comprenderò. Se risposta avrò tra il tempo di mezzo e la luna spezzata ti cercherò.
Inventa. Una finzione. Un gioco. O una melodia. Non starò ad aspettarti. Ti vivrò nella mia attesa. Tu di me. Dea o morte.
Di morte noi viaggiamo e di vita si vive. Troppo di morte. Indefinibile vita!
Perché stai certa che non conosce stagioni il gioco delle rose nelle notti del mio giardino. Il Dio del Sole ha la luce delle trasparenze e raccoglie in rosso i boccioli che non temono il tempo. Ah se potessi perdere la sfida del reale...
Resterei principe o re nel Palazzo della magia e le favole belle non finirebbero più!
Ti recito alcuni versi. Ascoltali. Sono di Antoni Garcia.
“A prendere le tue labbra con le mie
è mordere l'alba nel suono della notte
trascorsa ad osservare il mare
A prendere le tue labbra con le mie
è mordere l'alba nel suono della notte
trascorsa ad osservare il mare riflesso nella luna.
Ti pare strano?
Ma nulla è così vero della stanza che abitiamo
quando tu ed io ci raccogliamo
nei nostri corpi
a sciabordare di passione nello spazio
che il tempo misura.
Di sorrisi quieti mi arricchisci quando sai contenere
la tua estasi nella danza su di me.
Io mi perdo tra i tuoi papaveri
come se facessi una corsa
sulla riva della tua anima.
Non ti rubo il gioco nello specchio davanti al nostro letto.
Ci osserviamo
e la tua pelle ha la bellezza del vento nel canto antico
del nostro amore.
Divino come il nostro appuntamento.
Il giorno che sale ha le mie mani sul tuo seno
e le tue a toccare le mie parole
ma non temere
perché nulla ci turberà
fino a quando io e te
per sempre saremo semplicemente noi”.
Dimmi?
Ci vedremo a Parigi o a Madrid? Per un caffè? Un tango? Per amarci nella vita di un paese chiamato Meraviglie e forse solo lì capiremo chi fu realmente Alice?
Tutto è finzione.
Forse anche ciò che ho scritto è finzione. Devi sapere e devo sapere che la scrittura è finzione. Forse è tutto finzione!
Poi mi porteranno lungo l’attraversamento del Samsara?
Ci resta un caffè… Ci resta un tango…
Ci vedremo a Parigi o a Madrid? Per un caffè? Un tango? Per amarci nella vita di un paese chiamato Meraviglie e forse solo lì capiremo chi fu realmente Alice?
Tutto è finzione.
Forse anche ciò che ho scritto è finzione. Devi sapere e devo sapere che la scrittura è finzione. Forse è tutto finzione!
Poi mi porteranno lungo l’attraversamento del Samsara?
Ci resta un caffè… Ci resta un tango…